Quando nel lontano 1991 vinse tra i dilettanti il “Gran Premio Sportivi di Poggio alla Cavalla”, Elia Aggiano aveva appena 19 anni. Oggi, a distanza di esattamente 30 anni, il brindisino continua a spingere sui pedali per amore del ciclismo con i colori dell’ Airone Leo Constructions Asd. Nel mezzo il pugliese ha sfangato il ventesimo secolo percorrendo migliaia di chilometri in giro per l’Italia, nell’ambito di competizioni di altissimo livello. Una vita in sella, sempre con umiltà, devozione e grande spirito di sacrificio. Perché un ciclista di razza raggiunge il senso del vero godimento solo soffrendo. Non c’è gratificazione senza spingersi oltre i propri limiti. La fatiche delle ripide salite sotto il sole cocente con i quadricipiti che bruciano, curva dopo curva, sino all’estenuante volata verso il traguardo. Per Aggiano la bicicletta è stata l’estensione naturale de suo corpo. Braccia e gambe diventano un tutt’uno insieme a due ruote imprigionate in un telaio sparato a 70 chilometri orari. Una passione senza freni per uno sport diventato precocemente parte integrante della sua esistenza. Dopo numerosi successi tra i dilettanti conseguiti nei primi anni ‘90, l’ingresso nel ciclismo professionistico è stato la naturale conseguenza di un talento puro, cristallino. Per dieci anni il classe ‘72 ha vestito le maglie di team di grande prestigio: rispettivamente Scrigno (1996), Refin (1997), Vitalicio Seguros (98-00), Mapei (01-02), Formaggi Pinzolo (03), Team LPR (04-06) e Tinkoff (07). Aggiano da professionista ha preso parte a ben sette edizioni del Giro d’Italia, un Tour de France, cinque Velta, cinque Milano-San Remo e tutte le corse più importanti al mondo che gravitano sul panorama ciclistico internazionale.
La vittoria scorre sull'asfalto
Cresciuto nel quartiere Sant’Elia di Brindisi, un giovanissimo Aggiano inizia a pedalare a 12 anni spronato dallo zio Bruno. Da allora il piccolo Elia non scende più dalla bici. Per la prima volta assapora il gusto della vittoria nel 1989 con la maglia della Delta Zero di Brindisi, quando trionfa al campionato italiano su pista della corsa a punti nella categoria Juniores. Subito dopo passa alla Monsummanese in terra toscana e sino al 96 corre tra i dilettanti vestendo anche la maglia della nazionale. Nel ‘97 diventa professionista con la Ceramiche Refin e conquista un ottimo secondo posto alla Alassio Cup. Al termine della stagione si trasferisce in Spagna alla Vitalicio Seguros. Aggiano inizia a mettere in fila successi importanti tra i quali spiccano la vittoria di una tappa della Vuelta a Castilla, due primi posti alla prova del Challenge Mallorca e il successo al Trofeo Luis Ocana. Resta in terra iberica per tre anni sino al ritorno in Italia nel 2001 quando si accasa alla Mapei. Si evidenzia il successo ad Odense nel 2002 di una tappa del Giro di Danimarca, ma si afferma come uomo-squadra contribuendo a diverse vittorie del team in cui milita il campione del mondo Óscar Freire. Da instancabile faticatore per la Mapei a ciclista di punta per la Formaggi Pinzolo Fiavè nel 2003 con la quale vince una tappa del Giro del Trentino. A 32 anni Aggiano viene ingaggiato dal Team LPR e nel 2005 vince una tappa della Settimana Coppi&Bartali. Per Aggiano si è trattata della decima vittoria in carriera, che dedica alla memoria del caro padre scomparso l’anno prima. Continua a gareggiare con grande impegno sino al ritiro avvenuto nel 2007 all’età di 35 anni, quando vestiva la maglia della Tinkoff.
I ricordi con Pantani e Cipollini

Elia Aggiano ha vissuto per 25 anni in Toscana dove ha gareggiato e stretto amicizie con campioni del calibro di Miguel Indurain, Gianni Bugno, Francesco Moser, Marco Pantani e Mario Cipollini. “Marco era semplicemente un grande - dice Aggiano. Era una persona molto riservata che faceva dell’umiltà e del lavoro il suo marchio di fabbrica. Ha fatto rinascere il ciclismo in Italia come ai tempi di Fausto Coppi. Non eravamo compagni di team, ma tra noi c’era un bel rapporto. Insieme a lui ho fatto sette Giri d’Italia e conservo nella mia mente momenti indescrivibili. In salita volava. Mi passava di fianco, toglieva occhiali e cappellino e scollinava le montagne andando in fuga. Aveva una marcia in più rispetto a tutti gli altri. Alle partenze di grandi eventi sportivi come il Tour de France e il Giro d’Italia, le persone si ammassavano in migliaia con l’unico obiettivo di scorgere il suo sguardo per salutarlo. Cipollini? Mario era una forza della natura in pianura. Persona estrosa ma sempre disponibile. Ci allenavamo molto spesso insieme sulle strade della Toscana. E ancora oggi il Re Leone corre in bicicletta ed è fortissimo - conclude -. Sia Mario che Marco sono stati due campioni totalmente diversi, ma che entrambi hanno lasciato un segno indelebile nella storia di questo sport. Anche io, nonostante l’età avanzi, continuo ad andare in bici con la solita passione di un tempo. Sono il portacolori dell’Airone Leo Constructions di Lecce, un team molto competitivo a cui sono profondamente legato”.
La bicicletta come ancora di salvataggio
“Sono stato il settimo di tredici figli di una famiglia vissuta in un periodo storico molto delicato per la comunità brindisina - racconta l’ex professionista. Sant’Elia era un quartiere molto difficile in quel periodo. In un certo senso posso dire a distanza di tanti anni, che la bicicletta mi ha salvato. Questo sport nella vita mi ha dato una seconda chance, mi ha dato la possibilità di andare fuori da quel contesto sociale e di diventare un brav’uomo. Quindi devo molto al ciclismo sotto tanti aspetti. La bicicletta ti cambia profondamente. Ti insegna a rispettare le regole, a vivere una vita sana e a prenderti cura di te stesso. Ma non è tutto rose e fiori. Si tratta di uno sport molto faticoso. Bisogna saper attraversare momenti di crisi. In gara succede sempre qualche problema, pensi di aver fatto tutto nella maniera giusta però poi ti capita di non vincere. A certi livelli è uno sport per pochi eletti. Bisogna essere determinati e caparbi senza arrendersi mai. Si corre con la poggia, col caldo, con la neve. Si corre sempre e comunque. Bisogna crederci anche quando sembra tutto impossibile. Fino a quando non arriva il tuo giorno dove metterai tutti in fila sino al traguardo della vittoria”.
Paolo Conte